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pubblicato il 03.08.2000
Eccola, la vera storia della nascita dell'impero Fininvest. riassunta in
un rapporto di
120 pagine firmato dai tecnici della Banca d'Italia. Un documento per
molti versi esplosivo, intitolato "Prima nota informativa sui
flussi finanziari delle società denominate Holding Italiana dalla prima
alla ventiduesima", arrivato nelle mani dei magistrati di Palermo
nell'aprile del 1999. Ma che solo nella seconda metà del luglio di
quest'anno è stato depositato agli atti del processo per concorso
esterno in associazione mafiosa contro Marcello Dell'Utri. È la storia
di un uomo riuscito, in quattro anni, a creare un moloch multimediale:
Silvio Berlusconi. Facendo lo slalom tra prestanome, fiduciarie e tanti
soldi in contanti. Con l'aggiunta di un tocco di genio della Popolare di
Lodi, che nel 1991 scheda le Holding del Cavaliere, ovvero le società
che controllano la Fininvest, alla voce «servizi di parrucchieri ed
istituti di bellezza».
La relazione commissionata dai pm di Palermo nell'ambito di un'inchiesta
per riciclaggio, poi archiviata all'inizio di quest'anno, chiarisce
molti interrogativi sull'origine delle fortune del Cavaliere, ma lascia
spazio ancora a tante domande. Misteri che Silvio Berlusconi, lanciato
verso la riconquista di Palazzo Chigi, avrà comunque modo di sciogliere
definitivamente in autunno. Perché già all'inizio del processo contro
Dell'Utri sia la difesa che l'accusa avevano chiesto la sua
testimonianza.
Non aprite quella porta. L'inchiesta inizia con un colpo di scena nel
giugno del 1998, quando uomini della Direzione Investigativa Antimafia
bussano alle porte della Lodi per tentare di ricostruire i movimenti sui
conti delle Holding. La Popolare di Lodi è l'istituto che nel 1991 ha
incorporato la Banca Rasini. Il crocevia dal quale sono passati buona
parte dei primi soldi del Cavaliere e dove suo padre Luigi è stato per
vent'anni l'uomo di fiducia della proprietà. Eppure, negli uffici della
Lodi, quando gli ispettori chiedono notizie delle Holding, si sentono
rispondere: «Quelle società non figurano tra i nostri clienti». Ma
non è vero. Le Holding Italiana ci sono eccome. Solo che una mano
burlona le ha censite come saloni di bellezza. I dipendenti in pensione
della Rasini svelano agli investigatori che al quarto piano dell'agenzia
milanese di Piazza dei Mercanti c'è un archivio dimenticato: i
microfilm dei conti delle Holding stanno lì. A settembre del '98, gli
investigatori si lamentano con l'ufficio legale della Lodi. E la banca
fa marcia indietro: «Scusate, c'è stato un errore, abbiamo cambiato i
computer e fatto qualche confusione nel censimento». I magistrati
segnalano il comportamento della Popolare alla Banca d'Italia.
Un SuperQuiz da 500 miliardi. Tra le pagine del rapporto si rincorrono
miliardi a palate. Denaro che cade a pioggia, a volte in contanti a
volte con assegni circolari, per pompare liquidità nelle casse del
Biscione: almeno 200 miliardi transitati sui conti delle 22 Holding tra
il 1977 e il 1985, seguendo giri tortuosi. Talmente tortuosi che di ben
114 miliardi (502 di oggi), i tecnici di Bankitalia non riescono a
ricostruire l'esatta provenienza. La maggioranza delle operazioni viene
eseguita formalmente da due fiduciarie della Bnl, la Saf e la Servizio
Italia, che operano "franco valuta". Ovvero, lasciano che i
vari aumenti di capitale che la Fininvest nel corso degli anni ha
eseguito attraverso le Holding vengano portati a termine dai fiducianti
(Berlusconi e famiglia), senza pretendere copie dei bonifici e degli
assegni. Una pratica che lascia «perplessi» anche gli ispettori Bnl
inviati nel 1994 a spulciare i conti delle fiduciarie.
Formidabili quegli anni. Ma anche se mancano molte pezze contabili, un
fatto è certo. Dal punto di vista finanziario, lo spartiacque tra il
Berlusconi palazzinaro e il Berlusconi tycoon televisivo cade il 6
aprile del 1977. Quel giorno, la Fininvest srl aumenta il capitale da
2,5 a 10,5 miliardi. L'operazione, secondo gli esperti di Bankitalia, ha
almeno due aspetti misteriosi: gli otto miliardi dell'aumento (44
miliardi al valore odierno) vengono versati in contanti e «al momento
non si conosce la provenienza della somma». Il 2 dicembre, nelle casse
della Fininvest srl arrivano altri 16,4 miliardi (90,8 di oggi) come «finanziamento
soci». E pure in questo caso la documentazione bancaria acquisita non
registra la provenienza dei fondi. Erano in contanti? E se invece erano
assegni, da dove arrivava la provvista?
Questo enorme sforzo finanziario accompagna l'esplosione pubblica di
Berlusconi. Proprio nel 1977, Silvio viene nominato cavaliere, compra un
primo 12 per cento del "Giornale" di Montanelli e comincia a
credere davvero nelle tv. Il capitale di Telemilano, che per quattro
anni si era limitata a trasmettere via cavo a Milano 2, sale a mezzo
miliardo. E a fine anno, Silvio arriva settimo nella classifica dei
contribuenti milanesi, con 304 milioni di reddito.
Il miracolo di Sant'Ambrogio. Ma l'operazione che meglio riassume la
raffinatezza finanziaria del cavaliere va in scena il 7 dicembre del
1978, festa di Sant'Ambrogio, quasi in contemporanea con il "Simon
Boccanegra" diretto da Claudio Abbado che quell'anno apre la
stagione della Scala. Mentre dal loggione piovono gli applausi per la
regia di Strehler, sui conti delle Holding e delle fiduciarie del
cavaliere nella filiale di Segrate della Popolare di Abbiategrasso
sembrano piovere dal nulla 17,98 miliardi (88 di oggi). Il denaro si
attorciglia lungo otto giroconti (vedi illustrazione a pag. 47).
Ufficialmente, il valzer parte da Fininvest Srl e finisce nelle casse di
Fininvest Roma, una scatola vuota amministrata da Umberto Previti, il
padre di Cesare. Il malloppo corre all'impazzata entrando e uscendo dai
conti Saf, dopo un giro contabile tra Silvio e lo zio Luigi Foscale. E
già che c'è, passa pure tra le Holding 1-19 all'apparente scopo di
finire nella controllata Fininvest Roma srl.
Gli esperti di Bankitalia non sono riusciti a trovare il primo e
l'ultimo anello della catena. Nel rapporto, le caselle "primo
ordinante" e "ultimo beneficiario" vengono riempite con
«XXXXXX soggetto da identificare». Come non bastasse, unico caso tra
la documentazione esaminata, parte dei microfilm delle operazioni di
dicembre vanno in fumo. Nella relazione si legge a pagina 16: «La banca
dichiara di aver disponibili gli estratti conto delle Holding per il
dicembre 1978 limitatamente a talune Holding, infatti per 13 di esse la
pellicola microfilmata risulta essersi bruciata».
L'intera operazione ha due effetti importanti. Capitalizza le Holding
che, con le banche, possono garantire la solidità di Fininvest e
chiarire che il vero proprietario è Silvio Berlusconi, sia pure al
riparo delle fiduciarie. Ma agli occhi indiscreti, ergono una vera e
propria barriera di riservatezza. Il tutto, proprio nel momento in cui
l'impegno nel settore televisivo aumenta di peso con l'inizio delle
trasmissioni di Telemilano 58, la "mamma" di Canale 5. Anche
se quel 1978 era iniziato all'insegna della segretezza, con l'iscrizione
del Cavaliere alla Loggia P2 di Licio Gelli.
la Palina impazzita. Per far crescere le tv private servono sempre più
capitali, difficili da reperire in un periodo di crisi immobiliare.
Negli ultimi due mesi del '79, Silvio Berlusconi sembra però trovare la
soluzione. Il 19 ottobre, tramite dei prestanome, Sua Emittenza fonda
una srl di nome Palina. È una società che assomiglia a una siringa
monouso: vivrà solo sette mesi, concludendo un'unica operazione. Il 14
dicembre del '79, la Palina fa girare sul proprio conto corrente, aperto
nella sede milanese della Popolare di Abbiategrasso, la bellezza di
27,68 miliardi (117 di oggi). Si comincia con Palina che bonifica la
somma alla Saf che, a sua volta, gira i 27 miliardi e rotti alle Holding
Italiana 1-5 e 18-23. Scrivono gli esperti di Bankitalia: «L'accredito
Palina veniva specificatamente autorizzato dal fiduciante Silvio
Berlusconi, probabilmente in considerazione dell'atipicità
dell'operazione». Fatto sta che le Holding a loro volta accreditano
immediatamente la somma sui conti della Fininvest, che la storna a
Milano 3 srl (altra società del gruppo). Quest'ultima, a sorpresa,
restituisce il tutto a Palina. L'operazione viene giudicata «priva di
qualsiasi giustificazione contabile e amministrativa». Ci sono dunque
27, 68 miliardi senza un padrone? O forse la mitica Palina quei soldi
non li ha mai visti?
Amilcare Ardigò, il commercialista presso la quale era domiciliata la
Palina, dichiara alla Dia: «Non ho mai avuto notizia del transito di
quei soldi». E spiega come la Palina non abbia mai avuto un solo
documento contabile. Del resto, ad amministrarla era un
settantacinquenne colpito da ictus, tale Enrico Porrà, che proprio
Ardigò accompagnava in carrozzella alle assemblee. Per questo, ora il
professionista si sorprende di fronte a quei 27 miliardi : «Non ho mai
accompagnato in banca Porrà, un prestanome di Berlusconi, per il
perfezionamento di operazioni relative a quella società».
Passano dieci giorni e tra il 24 e il 31 dicembre dello stesso anno la
Fininvest riceve altri 25 miliardi dalle Holding. Anche qui i funzionari
di Banca D'Italia tentano di ricostruire l'origine della maxiprovvista,
ma trovano traccia solo di un versamento da 4,3 miliardi effettuato da
Berlusconi in persona. E gli altri venti? Un regalo natalizio a chiudere
un '79 da incorniciare? Nell'aprile di quell'anno, Berlusconi inizia a
costruire Milano 3, e a settembre eccolo che crea con 4 miliardi la
Cofint, compagnia finanziaria televisiva. Il 3 ottobre nasce una delle
sue figliole predilette, la concessionaria Publitalia 80, con una dote
di 3 miliardi. Passano pochi giorni e il mitico Mike Bongiorno presenta
"I sogni nel cassetto" dagli studi di Canale 5.
Le banche ai piedi di Re Silvio. La girandola dei miliardi "franco
valuta" continua nei primi anni Ottanta, anche se il più è fatto.
Tra il marzo del 1981 e il maggio del 1984, le varie Holding ricevono
oltre 12 miliardi, tutti rigorosamente di provenienza ignota. È vero
però che il boom televisivo di Berlusconi è sotto gli occhi di tutti,
tanto che a luglio del 1980 il cavaliere dichiara di aver investito già
40 miliardi nel nuovo business mediatico. Sono gli anni ruggenti
dell'amico Bettino Craxi, che dall'agosto del 1983 diventa primo
ministro e guida la nazione con piglio deciso. Come d'incanto, le
pricipali banche italiane fanno la fila per prestare soldi all'amico di
Bettino. Dalla Centrale Rischi di Banca d'Italia, si vede che fino al
1984 il gruppo Fininvest lavorava con la Popolare di Novara, la Bnl e il
Monte dei Paschi di Siena. Ma dal 1985 al 1987, Berlusconi ottiene
decine di miliardi anche da Cariplo, Comit, Banca di Roma e Credito
Italiano. Nulla di sorprendente: la Fininvest è ormai un colosso.
Quello che stupisce è invece il duro giudizio espresso da alcuni uffici
fidi. Sintomatico il caso di Efibanca, la banca d'affari del gruppo Bnl,
che tra il 1982 e il 1993 presta alle società di Berlusconi ben 295
miliardi. Nel rapporto dei funzionari di Banca d'Italia, si assegna
grande rilevanza al primo finanziamento da 10 miliardi concesso nel 1982
alla Cofint. Il giudizio iniziale dell'ufficio fidi di Efibanca parla «di
situazione consolidata alquanto provata», che al 31 dicembre 1980 «evidenzia
mezzi propri per circa 16 miliardi, contro debiti per 31». Ma a giugno,
i 10 miliardi vengono puntualmente concessi. Tre anni dopo, in una
relazione preparata in occasione della modifica delle garanzie offerte
al primo finanziamento Cofint, i responsabili dell'ufficio fidi di
Efibanca parlano di «struttura patrimoniale indebolita» e notano come
a fronte di debiti certificati da Arthur Andersen nel 1983 pari a 840
miliardi, vi siano «solo notizie di stampa secondo cui il fatturato del
gruppo oscillerebbe tra i 1.000 e 1.200 miliardi, senza nessun
riferimento al risultato reddituale conseguito». Con una relazione di
questo tono, la bocciatura dei nuovi finanziamenti sembra scontata. E
invece, in margine al documento, la Dia troverà «un appunto con sigla
non appurata: "relazione non esatta nella sua impostazione"».
MA QUANTI PREVITI. A Efibanca, insomma, Berlusconi ha più di un santo
in paradiso. Tra i consulenti dell'istituto figurano pure l'avvocato
Cesare Previti e la società Sirea (Società italiana revisione
aziendale) amministrata, tra gli altri, dall'ingegner Giuseppe Previti.
Cesare e Giuseppe sono figli del commercialista Umberto, amministratore
unico della Fininvest sin dalla fondazione. Ma non basta. Efibanca
rinuncia ben presto a chiedere ipoteche per i finanziamenti al gruppo
Fininvest. Scelte sulle quali il collegio sindacale dell'istituto
avrebbe potuto anche sollevare qualche dubbio. E invece va tutto bene.
Del resto, anche tra i sindaci non mancavano i doppi incarichi. Antonio
Berton, sindaco dal 1984 al 1994 di Bnl holding, nello stesso periodo
era anche titolare della Fiduciaria Padana, un altro schermo societario
utilizzato dal cavaliere per i suoi misteriosi aumenti di capitale.
Sempre Berton viene nominato liquidatore della berlusconiana Cofint.
Nello scorso autunno, pure la generosa Efibanca viene rilevata dalla
solita Popolare di Lodi. Una storia a lieto fine. In attesa che un
errore dei computer trasformi anche loro, i grigi ragionieri
dell'ufficio fidi, in abili coiffeur.
08.05.2001 - L'Espresso
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